Abstracta 2006” è una importante iniziativa che evoca nobili ascendenze nella storia del cinema europeo: le celebri avanguardie artistiche degli anni ’10 e ’20, che per la prima volta misero in contatto la nuova tecnica della ripresa cinematografica con la ricerca estetica di poeti, pittori, musicisti, scenografi, attori e registi di teatro.
Immediatamente vengono alla mente il Futurismo italiano di Marinetti (il suo “Manifesto della cinematografia futurista” è del 1916), Ricciotto Canudo, Anton Giulio Bragaglia e, soprattutto, il Surrealismo di grandi artisti europei come Viking Eggeling e Hans Richter (le loro opere si rifanno all’astrattismo pittorico di Kandinskij e Klee), Fernand Leger ( il suo “Ballet mecanique”, del 1924, è il vero manifesto del cinema astratto), Man Ray (il suo film manifesto”Retour a la raison” è del 1923), Marcel Duchamp con “Anemic Cinema” (1925) e Renè Clair (“Entr’acte”, del 1924 è il prototipo di film dadaista, su un testo di Francis Picabia).
Più avanti il connubio tra il cinema e l’arte surrealista darà vita ad autentici capolavori della storia del cinema: “La coquille et le clergyman” di Antonin Artaud e Germane Dulac (1928); “Un chien andalou” di Luis Bunuel e Salvador Dalì (1928), che insieme realizzeranno anche “L’age d’or” (1930).
Luis Bunuel sarà l’artista che porterà per lunghi anni e fino ai suoi ultimi film (“Il fascino discreto della borghesia”, 1972; “Il fantasma della libertà”, 1974; “Quell’oscuro oggetto del desiderio”, 1977) il segno inquietante del surrealismo all’interno della struttura narrativa del film.
Il cinema, per questi formidabili artisti, è un giocattolo meraviglioso che deve servire ad aprire gli occhi sulla realtà “vera”, quella che spesso (quasi sempre) è nascosta dalle convenzioni sociali e dalle regole formali. Il cinema astratto può scombinare le carte, ingannare la nostra percezione visiva e auditiva, costringerci a pensare in modo discontinuo, a guardare noi stessi da altri punti di vista.
Con l’invenzione del sonoro (1928) e del colore (anni ’40) il cinema diventa una macchina industriale potente e globalizzata, che non lascia spazio alla ricerca di nuovi linguaggi e di nuove contaminazioni artistiche. Paradossalmente sarà la pubblicità televisiva e, in anni più recenti, la grafica digitale a riscoprire le infinite possibilità dell’arte astratta.
Ma dove sta il senso di libertà e di creatività nei nuovi prodotti post- moderni? E’ una libertà da zoo- safari, asservita alle logiche commerciali della società dei consumi quella che vediamo, ossessivamente ripetitiva, nella gran parte dei video musicali e nei video giochi, negli spot pubblicitari e nei DVD interattivi.
La ridondanza di immagini e di effetti speciali ha generato assuefazione e ottundimento delle facoltà di percezione critica. L’universo dei segni (grafici, pittorici, fotografici, musicali, testuali) è ridotto ad un gioco di specchi, che riflette sé stesso; l’incantamento dell’arte è stato ridotto ad incatenamento dello sguardo e della coscienza di chi guarda.
In realtà la parabola discendente della rivoluzione surrealista era iniziata già quando erano in vita (e consenzienti) molti dei grandi artisti del Novecento: Dalì, Picasso, De Chirico e tanti altri.
Lungo l’arco degli anni ’50-’90 (mezzo secolo, quasi un’eternità) la sperimentazione della video arte ha una sua evoluzione introspettiva, e per certi versi autodistruttiva, forse per il fatto stesso che non riesce più ad irrompere nel senso comune della percezione audiovisiva di massa.
Le neo- avanguardie americane ed europee di questo cinquantennio (da Maya Deren a Stan Brakage, da Andy Warhol agli italiani Bacigalupo, Bargellini, Leopardi, al romeno Isidore Isou) sembrano soccombere e ripiegare sotto l’offensiva dei linguaggi e delle mode imposte dalla pubblicità televisiva planetaria.
Gli artisti di questa generazione, come ripiegati in se stessi, arrivano perfino a negare il supporto visivo, a teorizzare la dissoluzione della dimensione audiovisiva.
E allora, dobbiamo chiederci: oggi si può ancora parlare di video arte?
Ci potrà ancora essere una nuova leva di giovani artisti, che vorranno esprimere attraverso le più moderne tecniche multimediali un punto di vista originale, una loro interpretazione del mondo, in un’epoca così segnata dalla ambiguità?
Il concorso di “Abstracta 2006”, aperto a tutti i giovani filmakers indipendenti, sarà un’occasione per testare lo stato di salute della nostra “bella gioventù”, riportando la questione in mezzo alla gente comune.
Il sito www.educinema.it e il Cine Club “Il Labirinto” di Roma seguiranno con attenzione lo sviluppo di questa iniziativa e potranno fornire, se richiesti, qualche utile indicazione di lavoro ai giovani del Laboratorio didattico di EDUCINEMA.
Per ulteriori notizie sulla Mostra e sul Concorso cinematografico “Abstracta 2006” potete andare su www.abstractacinema.com