CineterritorioA1La cultura audiovisiva e le nuove reti territoriali di produzione/consumo
Nel Gennaio 2013 alcune associazioni di cultura cinematografica hanno promosso un primo Convegno (Cinema e Territorio) sulla possibilità di avviare una riflessione sulla filiera dell’audiovisivo, sulle cause che –soprattutto a Roma – hanno portato ad una drastica riduzione del numero dei film prodotti, alla chiusura di moltissime sale cinematografiche, alla quasi sparizione del tessuto di iniziative di promozione del pubblico giovanile e di giovani talenti creativi.La crisi attuale è così profonda perché si sono incrociate motivazioni molto serie e di diversa provenienza, non adeguatamente percepite dai decisori pubblici, né dai maggiori operatori privati. La lunghissima crisi economica degli anni 2008/2013 è stata il detonatore, che ha fatto esplodere le contraddizioni che già erano intrinseche al sistema italiano di produzione e distribuzione audiovisiva. Con la crisi economica, la più grave dal dopo guerra, si sono ridotti i finanziamenti pubblici – diretti e indiretti- che vedevano come soggetti attivi lo Stato, gli Enti locali, la RAI e, in ultimo, si sono ridotti gli investimenti pubblicitari dei privati e le produzioni del Network privato Mediaset.
Il secondo elemento, che ha fornito altro combustibile alla crisi, è di natura tecnologica, come spesso avviene nei grandi cicli di depressione ed espansione nelle società industriali. A partire dal 2000 sono letteralmente esplose in Italia le connessioni alla rete internet, producendo in pochi anni una autentica mutazione antropologica nelle relazioni interpersonali, nelle transazioni economiche, negli stili di vita. Non sarà superfluo osservare che l’accelerazione di questo processo è stato possibile nel momento in cui i dispositivi di connessione alla rete sono diventati accessibili a tutti (tecnologie multifunzionali mobile) ed hanno iniziato ad utilizzare i tradizionali linguaggi audiovisivi (foto, video clip, film, foto e video giornalismo). Sulla novità e la profondità di questa trasformazione non è stata avviata in Italia una riflessione adeguata, sia con riguardo ai nuovi circuiti di produzione/diffusione/consumo, sia con riferimento alla nuova estetica audiovisiva che di fatto è diventata di senso comune, su scala planetaria e in particolare nel target giovanile transnazionale e multiculturale (una sorta di moderna Koinè universale).
Il terzo fattore di crisi del tradizionale assetto dell’audiovisivo, praticamente centrato su un approccio “ up-down” e  su un numero ristretto di produttori/distributori, è tutto intrinseco al modello di produzione televisivo/generalista, che si è affermato negli anni novanta, informando di sé quasi tutto il cinema prodotto in Italia (Cinema e Fiction TV diventano sinonimi).
Il modello di TV generalista che si è imposto in Italia fin dagli anni ottanta, strettamente subordinato a logiche commerciali e di profitto, è riuscito nell’intento di omologare i gusti del pubblico verso un’estetica semplificata, in cui gli stereotipi narrativi – ripetuti fino all’ossessione- erano funzionali alla propensione ai consumi di massa; una autentica ideologia iper consumistica che è stata bene illustrata nei suoi meccanismi di funzionamento da Zygmunt Bauman. La sociologia, la psicologia e la statistica sono state piegate a divenire strumento di persuasione di massa. Un perverso circuito di produzione per il consumo aveva la necessità di creare una base di consenso e di legittimazione “culturale”, che non poteva consentire l’esistenza di contro poteri nei settori strategici della comunicazione, dell’educazione, dell’intrattenimento, della formazione di nuove generazioni di cittadini/consumatori.
E veniamo al cuore del problema. Le generazioni che si sono formate a partire dagli anni novanta – è sotto gli occhi di tutti- hanno subito un fortissimo condizionamento culturale, interamente realizzato attraverso i media audiovisivi, che ha modificato non soltanto i tradizionali percorsi pedagogici, ma perfino la capacità di percezione della realtà (sempre più meta- realtà) e di autonoma elaborazione psichica. La tragedia della attuale condizione giovanile non si può misurare solo dagli indici di disoccupazione, perché ciò sarebbe fuorviante. Nella fase di globalizzazione dei mercati e di forte competizione tra le società post industriali le giovani generazioni non possono più essere considerate con le antiquate categorie di fine Novecento: non sono più forza lavoro, non sono più cittadini/consumatori. Le giovani generazioni sono innanzi tutto l’investimento su un futuro difficile e imprevedibile, in cui sappiamo che il valore preminente sarà costituito dall’intelligenza creativa e dalla capacità di far crescere in modo equilibrato tutta quanta la comunità e le comunità integrate (locali, statali, europee, planetarie).
Si apre allora una grande questione nazionale sulle nuove reti di apprendimento, di formazione, di educazione civile, che si devono mettere in campo per promuovere in modo radicalmente innovativo la crescita dei giovani talenti della creatività, almeno con pari  intensità ed efficacia di quanto avviene nei Paesi maggiormente progrediti. Il sistema scolastico e formativo, i sistemi di welfare territoriale e di sostegno familiare, i circuiti locali di promozione della cultura e del sapere, devono effettivamente cooperare sulla base di piani regionali e locali, seriamente orientati alla crescita qualitativa dei giovani in età di formazione.
Serve una cabina di regia su scala regionale/locale, in grado di progettare, sostenere interventi mirati, monitorare e confrontare i risultati, in una logica di approccio “bottom up” (dal basso verso l’alto). E’ urgente porre mano a questa logica di interventi integrati, a partire dalle aree metropolitane, dalle città del Mezzogiorno d’Italia, generalizzando mano a mano le buone pratiche attraverso le reti istituzionali di democrazia partecipata che ancora esistono in Italia e in Europa.
Roma e la sua area metropolitana possono diventare quel  laboratorio di buone pratiche di cui c’è un grande bisogno. Crediamo che si debbano cogliere, nella presente fase politica ed economico sociale, alcune opportunità che sembrano essersi allineate, come in una sorta di eccezionale congiunzione astronomica. C’è una vastissima richiesta e una grande attesa per un “New deal” italiano ed europeo, che sarà la sola opzione possibile per uscire verticalmente dalla crisi ed impedire la dissoluzione della fragile costruzione europea. C’è a Roma un allineamento politico e culturale di giunte di centro sinistra alla Regione Lazio, al Comune di Roma e in tutte le Municipalità locali. Esiste ancora nelle periferie di Roma e del Paese reale una presenza significativa di persone pronte a rimboccarsi le maniche: docenti, genitori, studenti, operatori culturali, funzionari pubblici, giovani talenti e imprenditori dell’industria culturale.
E’ con questi scenari che, a nostro avviso, si dovranno misurare le disponibilità, le competenze, le proposte di quanti operano nel settore della comunicazione e dell’audiovisivo, si tratti di imprese, di associazioni culturali, di singoli operatori e professionisti. I sistemi di produzione, distribuzione e consumo dell’audiovisivo sono ancora una volta di importanza strategica, seppure in modo radicalmente diverso dal recente passato. Ancora una volta si porrà il dilemma se i processi e i prodotti della comunicazione sono da considerare al servizio della mera logica di mercato (e del profitto) o non piuttosto al servizio delle persone e del diritto di accedere liberamente alle fonti della conoscenza e del sapere.
L’Associazione di cultura cinematografica Il Labirinto, di intesa con le altre associazioni della rete Cinema e Territorio, promuoverà nel prossimo mese di Dicembre 2013 un Workshop sui temi evidenziati, con lo scopo di effettuare una prima ricognizione delle forze in campo nel territorio del 6° Municipio di Roma. L’incontro avrà luogo presso l’Istituto “E. Amaldi”, dove è in corso un laboratorio di ricerca e produzione audiovisiva rivolto agli studenti e ai docenti dell’Istituto.
Roma,    5 Settembre 2013